lunedì 14 settembre 2015

Cosa sono realmente l'attaccamento e l'abbandono? - Almalibre Rebelde


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Si parla molto di attaccamento.
Viene descritto in genere come una sorta di malattia; come un qualcosa da superare, accantonare, cassare.
Niente di più errato e fuorviante; concetti questi, a cui la nostra essenza libera si ribella, consapevole com’è di vivere, anche nella dimensione della libertà, particolari sensazioni verso specifiche persone.
Siamo di fronte a una subdola manipolazione a sfondo religioso, tranne nei casi in cui, chi condannava l’attaccamento, è vissuto prima che venissero chiariti i funzionamenti dei meccanismi ossitocinici.
Giudicare e condannare come “malato” l’attaccamento, non è un semplice errore, perché in realtà siamo di fronte a una manipolazione di matrice, fatta da chi vuole essere riferimento spirituale per altri, ma vuole al contempo mantenere la propria mediocrità in rapporto alla Liberazione, o rendere compatibili cose che compatibili non sono, come lo stare in una coppia e al contempo sentirsi parte del movimento di Liberazione e risveglio dell’Uomo.
In psicologia l’attaccamento è così definito: “il termine attaccamento è legato alle ricerche sullo sviluppo e sull'infanzia, in relazione ai legami che si creano con le figure di accudimento. Il primo a proporlo come concetto cardine, per spiegare il comportamento dei bambini, fu John Bowlby, un ricercatore britannico di scuola psicoanalitica. Secondo l'autore, il bambino, appena nato, è tendenzialmente portato a sviluppare un forte legame di attaccamento con la madre o con chi si prende cura di lui (http://it.wikipedia.org/wiki/Attaccamento) . Un meccanismo quindi più che naturale.

L’uomo difatti, come il 97% dei mammiferi, ha dei meccanismi ossitocinici che creano attaccamento; ma un attaccamento che non arriva al punto di voler creare una coppia monogama, come l’ho è solo per il restante 3%.

L’attaccamento è quindi qualcosa di estremamente naturale, qualcosa che è nell’Essenza libera, pura e originaria dell’uomo e di quasi tutti i mammiferi.

E allora perché se ne parla come fosse una malattia?

Semplice, ma per capirlo dobbiamo fare un passo indietro, tornare a quando nacque la credenza che la coppia monogama, fosse nella natura umana.
Parliamo quindi del meccanismo di matrice-schiavizzante cardine del sistema matrice, la coppia uomo-donna, in quanto indispensabile al rinnovamento cellulare e all’educazione pluri-annuale necessaria alle cellule stesse, ossia i figli, per essere poi utili al sistema.
Oggi sappiamo con assoluta certezza che il concetto di coppia, “inventato” solo recentemente rispetto alla storia dell’homo sapiens, è stato selezionato in quanto utile al sistema; ma anche che la monogamia non è nella natura umana... non è nei geni dell’uomo ed è quindi un meccanismo perverso che snatura e distrugge la libertà insita nella nostra genetica.
Una simile follia non avrebbe potuto ovviamente radicarsi nella mente umana, se non fosse prima intervenuto un altro fattore: la religione.
E’ stata infatti la religione che, dopo aver inculcato nell’uomo il falso concetto del bene e del male, ha inserito il “programma-credenza” coppia, quello “monogamia” e quelli accessori: coerenza, colpa e senso di colpa (questi ultimi in particolare nelle donne). Un cocktail manipolante che ha totalmente snaturato l’uomo occidentale e che gli fa vivere tutta l’esistenza, in una falsa realtà.

Ecco quindi l’origine delle bugie sull’attaccamento.
Difatti l’attaccamento tra un uomo è una donna Liberati (che quindi non creano coppie e monogamia) è una cosa naturale, perché non si inserisce nel quadro “patologico” della coppia “forzata” alla monogamia (monogamia di facciata) che rende invece l’attaccamento “patologico”, in quanto verticalizzato (magari per anni) su un unico individuo; cosa che porta a centuplicare il BISOGNO dell’altro.
Inoltre le false guide spirituali, devono fare i conti con una società in cui le coppie si sciolgono, e quindi per far quadrare: attaccamento, coppia e separazioni, si sono inventati uno scenario in cui si deve fare la coppia monogama (elemento innaturale), ma non bisogna attaccarsi (elemento naturale).
Da queste premesse oggettive e scientifiche, si capisce anche quanto siano infondate le altre false informazione sulla patologia dell’abbandono; altro meccanismo del tutto naturale, se vissuto in quello innaturale della coppia. Perché è ovvio che nell’innaturale scenario di vita in cui vive una coppia, e quindi in cui i livelli di attaccamento divengono elevatissimi (perché vi è magari una sola persona di riferimento per anni) si crei una innaturale aspettativa e quindi un potenziale e latente senso di abbandono, pronto a manifestarsi e a esplodere, quando uno dei due rompe la coppia.  

Nulla di innaturale quindi nell’attaccamento, anzi; ciò invece che è innaturale e perverso è la coppia, la religione e la monogamia.

La manipolazione nell’area pseudo spirituale non è cessata e il risveglio mondiale delle coscienze ha da percorrere ancora una lunga strada.

Le scoperte sui meccanismi ossitocinici e sui 2 livelli di attaccamento (quello naturale e quello generato dal vivere nella falsa realtà di matrice) sono recenti (2008) e quindi i grandi illuminati del passato non potevano conoscerle. Ad es Osho, non sapendo dei due livelli, ha parlato genericamente contro l’attaccamento, piuttosto che differenziare tra i due tipi, e ciò lascia di conseguenza limpida la sua visione.

Eppure, in merito alle guide spirituali in vita, dal 2008 sono passati anni; come direbbe Vadim Zeland “l'unica malattia incurabile della nostra epoca è l'ignoranza”.

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Il pezzo che segue è tratto dal libro “Translife Revelation –La Rivelazione che cambia per sempre la storia dell’Uomo – L’Uomo Originale Libero e l’Attrazione di Gaia”

Jan e Teresa
                Jan e Teresa stese sul letto; era stata una notte divertente. Chissà come avevamo fatto a ritrovarci in quel modo. Non ricordavo bene, forse c'erano state troppe bollicine la sera prima.
                Queste teorie di fisica quantistica, che ipotizzavano mondi paralleli creati su misura dal nostro immaginario, cominciavano a funzionare. Forse non aveva senso parlare di realtà, ma di ologramma globale.
                Jan: <<Vorrei spiegassi a Teresa quel concetto sulla matrice; io l’ho afferrato e in quell’ottica tutto appare diverso, come se noi fossimo abituati a vedere una realtà inesistente, perché filtrata da ciò che ci hanno messo nel cervello. Ma non saprei da dove cominciare per trasmetterlo con chiarezza, soprattutto quando scardina l’essenza della coppia e rivela tutti i risvolti che ha nella vita concreta.>>
                Avevo percepito da tempo che Teresa, nella sua leggerezza, nascondeva rivoli di intensa tristezza riguardo alla pochezza delle relazioni. Cercai le parole giuste, finché, dai discorsi sul sociale scivolammo nell’amore.
                Io: <<…e quindi è ovvio, in quest’ottica, che la coppia non è uno schema che attinge da cose umane; è piuttosto il sistema imposto dalla matrice per far crescere i figli, affinché essa possa continuare a esistere. È scontato che se al supermercato, sullo scaffale “relazioni”, si trova solo: “coppia”, “sub coppia” e “rapporti frugali” per rapportarsi all’altro sesso, non puoi scegliere altro. Magari in qualche spazio vuoto trovi “articolo sconosciuto”, fottiti!
D’altronde la coppia, oltre a essere fuori dalla natura umana, mentre va verso la sua rottura per svariati e capziosi motivi, innesca varie circostanze che portano spesso gli attori a detestarsi, senza possibilità di ritorno.
Cioè: la coppia, nel suo essere contro la natura intrinseca dell’individuo, quando la passione scema, quasi sempre nel tentativo di dare coerenza al precedente se stessi che l’aveva idealizzata, produce necessariamente una frattura disarmonica. Il cambiamento viene vissuto in modo traumatico dagli attori, che essendo all’oscuro della sua reale natura, non lo trasmettono in modo armonico, ma piuttosto con una comunicazione a scatti, foriera di cambiamenti catastrofici. Inevitabile quindi fare quei pasticci che lasceranno un segno negativo e indelebile. Basterebbe dire a una delle persone con cui scambiamo amore: “Caro, comincio a non sentire più la passione di prima. La scoperta dell’altro che, come sai, tanto prende ed entusiasma all’inizio, sta svanendo.” E il partner risponderebbe: “La realtà è oggettiva, ma questa variabile fisiologica individuale, legata al tempo esatto in cui la passione comincia a scemare, non è carina, perché non sincronizzata tra i due attori. Mi spiace per me, perché ancora la sento forte, io; d’altronde è un piccolo gap a rotazione”. E poi sorridendo: “…Prendi il caffè?”
Sorvola sull’apparente freddezza della scena, sai che amo i paradossi. Diciamo che nella libertà, l’amore e il legame interiore non subiscono alcun travaglio nell’evoluzione dei rapporti, e soprattutto non vi è regressione, ma solo cambiamento armonico. Nella coppia, è giusto identificare come regressione non il cambiamento in sé, quanto piuttosto un mutamento che, essendo concettualmente ancorato allo schema della coppia, fa sembrare che si sia perso qualcosa di fondamentale, non per la continuazione del rapporto, ma nell’amore stesso.
Quindi c’è solo A o Z, bianco o nero, zero o cento. Sono tutte cazzate! Dove c’è coppia non solo non c’è amore, ma c’è già il seme della sua negazione futura.
La vita nella schiavitù del sistema sociale è senza scampo,  quindi le cose vanno diversamente da come ipotizzato prima.
Se il desiderio è scemato, avendo come un’unica alternativa la rottura della coppia, ci si allontana definitivamente. Se invece è nata una nuova passione, chi subentra al precedente partner, dovendo a sua volta entrare forzatamente nella nuova coppia, si sovrappone al precedente, in un ricambio più o meno frequente. Quindi si è costretti, nel meccanismo di coppia, a cancellare, o quasi, la persona precedente: che tristezza! È ovvio che se il nostro attuale partner provasse un’intensa passione per una persona nuova, lo vedremmo di meno, ma di certo non sparirebbe, essendo costretto a infilarsi nella nuova scatola. L’amore, il bene, l’affetto, non sono interruttori on/off. Questo fa luce sul fatto che la gelosia e la possessività non appartengono alla natura umana, essendo bensì sentimenti giustamente accesi dalla perversione inumana del sistema. Dalla consapevolezza che se chi amiamo ci cambierà con un altro, tutto dovrà avere fine. Insomma Teresa, se non esistesse quella scatola perversa e inumana, pregna di pseudo sentimenti quali gelosia e possesso, nell’amore essi stessi sparirebbero. E non dico nell’amore vero, solo perché detto così presupporrei che ne possa esistere uno non vero!>>
Ci fu un attimo di silenzio… poi Teresa cominciò a parlare, come se ciò che le avevo detto fosse già divenuto un abitante residente della sua interiorità. Non è che avesse semplicemente capito: di più! Era andata oltre le mie stesse parole. Una sorta di magia che a volerla spiegare con i principi dell’Attrazione, suonerebbe più o meno così:
L’Attrazione direbbe: “Teresa stava cercando delle risposte; risposte che dalla psicologia e dalla spiritualità moderna non potevano arrivare, in quanto essi stessi elementi di matrice. Così il suo animo si era ribellato a quelle sciocchezze, vendute viceversa come grandi verità. Cercava le risposte e l’Attrazione gliele portò! Vide ciò che Almalibre Rebelde nel vapore delle sue stesse frasi, non aveva percepito del tutto.”
                Teresa disse poche parole ma chiare, nitide, centrate.
                Teresa: <<Il concetto che hai espresso mi ha come curato. Ora mi sento leggera; ho trovato parte delle risposte ad anni di domande eluse.
L’abbandono, quella triste cosa per cui tanti vanno in analisi, o per il quale si intraprendono percorsi pseudo spirituali, in questa tua chiave di lettura, è un sentimento assolutamente giusto, perché in realtà l’abbandono, l’abbandonare, il sentirsi abbandonati, non dovrebbe esistere. Non è un'eventualità insita nella natura umana e quindi l’animo si ribella, si indurisce a guardare e vivere tanta miseria. Si finisce per farsi colpe inesistenti, o per credere nel destino. E, peggio ancora, nel sentirsi inadeguati. Ora vedo anche chi abbandona con occhi diversi; una vittima anch’essa del sistema, piccola interiormente, nella sua incapacità di trasformare, piuttosto che cancellare.
Il pensiero che hai espresso dovrebbe essere condiviso, divulgato; è una grande cura interiore quella di approdare a questa verità, di capire che l’abbandono non è legato all’interiorità, ma allo schema sociale dominante.
Quindi tutte quelle cazzate: io… lui… noi… perché… l’infanzia… la forza… la durezza… l’equilibrio… le colpe! E’ tutto così semplice, invece. Nitido!>>
Teresa mi lasciò senza parole. Non avevo messo in correlazione quello che le avevo detto, con le problematiche legate al senso dell’abbandono, non ci avevo pensato.
E nel vederla così radiosa, come lo è chi si è tolto un peso enorme dallo stomaco, provai un senso di gioia e di amore per l’uomo e l’universo.
Tornai al presente e mi incamminai verso il luogo più macabro della terra, piazza San Pietro.

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